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La "Carrera" Made in Italy
Due artigiani veneti nel 1949 costruirono un motore che aveva molte cose in comune con quelli che, molti anni più tardi, avrebbero equipaggiato le Porsche. E un giorno, a Venezia...
Sulle strade italiane, nel 1949, circolava un'auto con un motore che poteva vantare una straordinaria somiglianza con i
propulsori Porsche che sarebbereo nati molti anni dopo.
Sui carter di quel "boxer" non c'era però la Cavallina di Stoccarda, ma la sigla "CFM".
Le tre lettere stavano a indicare che a Mestre (l'ultima iniziale) Chinellato e Francesconi avevano realizzato quel capolavoro di meccanica.
Luigi Chinellato e "Carlino" Francesconi erano uniti dalla comune passione per le auto da corsa. Abilissimi tecnici, si erano cimentati nell'elaborazione e nella guida delle Fiat "Topolino", arrivando perfino ad aggiudicarsi un podio di categoria alle Mille Miglia. A quel tempo, oltre alle "500" e alle "1100", i preparatori italiani utilizzavano spesso come base delle loro elaborazioni gli ex veicoli militari. I due amici si orientarono su un propulsore espiantatoda una malridotta "Kubelwagen", la Volskwagen in divisa. Per i piloti privati e per i piccoli costruttori esistevano allora due grandi classi di cilindrata in cui cimentarsi: la "750" e la "1100", entrambe affollate e combattutissime. Pur elaborato, il motore Volkswagen non si rivelò competitivo in nessuna delle due. Chinellato e Francesconi pensarono allora a una modifica radicale.
Eseguiti i disegni di testata bialbero raffreddate ad acqua, le fecero fondere da artigiani del luogo. La soluzione escogitata era senza'altro ottima, e gli alberi a camme erano mossi da coppie coniche esattamente come sarebbe avvenuto sui motori Porsche "Carrera" di qualche anno più tardi.
Ma la qualità delle fusioni era scarsa, e il progetto non decollò fino a quando Luigi Chinellato non le fece eseguire dalla Calzoni diBologna, una delle aziende più serie del settore.
Il motore fu equipaggiato con un impianto elettrico con magnete ad alta tensione e con carburatori Weber.
Con una cilindrata di 750 cm3 e un rapporto di compressione 11,5:1 questo propulsore era in grado di erogare, secondo i costruttori, 84 CV a 6'500 giri/minuto, ed era alimentato con miscele alcoliche.
La gestazione del motore CFM fu accompagnata da un piccolo giallo: poco prima della Mille Miglia del 1948 l'ingegner Bohlin, ex generale tedesco che era stato responsabile per l'alta Italia della gestione degli automezzi dell'esercito di occupazione e amico di Ferdinand Porsche, si recò a Venezia in compagnia di quest'ultimo per vedere il motore CFM. Porsche fu prodigo di consigli e, tra le altre cose, suggerì a Chinellato e Francesconi di far girare l'albero motore su rulli e non su bronzine.
Nel 1956 Luigi Chinellato, che ormai aveva abbandonato il suo progetto a causa degli insopportabili costi di sviluppo, vide le sue soluzioni applicate a una Porsche scesa in gara in Italia.
Oltre alle teste raffreddate ad aria (la Porsche avrebbe adottato quel raffreddamento ad acqua solo sulla "917" degli anni Settanta) le principali differenze con il progetto dei costruttori veneti erano la cilindrata, l'attacco del motore alla trasmissione e la marca dei carburatori che, tuttavia, conservavano il sistema di comando CFM: E' una storia che ha dell'incredibile che, almeno in parte, è documentata dalle foto pubblicate in queste pagine. Del resto, uno dei più celebri biografi di Ferdinand Porsche racconta nel suo libro che effettivamente il grande tecnico tedesco era a Venezia proprio nei giorni indicati da Luigi Chinellato. Solo per pura coincidenza?
...tratto da RUOTECLASSICHE Anno VII - Giugno 1993...
Nelle foto: Luigi Chinellato e Carlino Francesconi.
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